Come era accaduto pochi anni fa per il vino, anche dell’olio oggi si riscoprono le potenzialità di un prodotto tra i migliori tipici italiani.

Si assiste infatti alla diffusione del “turismo dell’olio” e alla nascita di una nuova professione, il sommelier dell’olio, come anche alla trasformazione dei frantoi da attività a conduzione familiare – nella maggior parte dei casi – a vero e proprio business internazionale.

Tra i circa seimila frantoi presenti nel nostro Paese, infatti, sono “molte le micro attività che si trasformano in moderne strutture più grandi e dalla maggiore resa, anche economica”, afferma Gino Celletta, esperto internazionale di olio e proprietario di un oil bar a Milano.

L’Italia oggi, dopo la Spagna, è il secondo produttore di olio a livello mondiale. Nonostante ciò, anche nel nostro Paese si consuma più olio di quanto se ne produce.

Negli ultimi 10 anni, la domanda mondiale di olio di oliva – soprattutto olio extravergine e olio biologico – è cresciuta di circa il 50%.
Il Sud Italia
, con Puglia e Calabria in testa, esporta quasi il 90% della sua produzione tra Nord Italia, Europa settentrionale e Stati Uniti. E si esporta non solo la produzione Dop&Ip con denominazione riconosciuta dall’Ue (+25% dal 2002), ma anche l’olio “artigianale” dei frantoi, quello cioè ancora privo di certificazioni ufficiali.

L’olio made in Italy di qualità ha dunque sempre più successo, conosciuto tanto attraverso vendita diretta e ristorazione quanto tramite un numero crescente di oleoteche e oil bar.

Un’altra importante via, suggerisce Celletta, è quella delle fiere: “Partecipare alle fiere (Vinitaly da oltre 13 anni valorizza il comparto), anche quelle internazionali, e ai numerosi concorsi e premi che danno lustro al proprio prodotto” è un’ottima occasione per darne visibilità.