L’Italia non ha contrastato la diffusione della Xylella.
La Corte Europea contesta all'Italia la mancata attuazione di due misure: la rimozione di una serie di piante malate e il monitoraggio sull'avanzamento della malattia
L'Italia è venuta meno all'attuazione delle misure volte ad impedire l’avanzare del batterio, nel 2013 diffuso solo in provincia di Lecce, negli ulivi salentini.
Inoltre, “non ha garantito, nella zona di contenimento, il monitoraggio della presenza della Xylella” con “ispezioni annuali effettuate al momento opportuno durante l’anno.”
Nel 2015 la Commissione impose misure volte ad eradicare il batterio, che prevedevano la rimozione delle piante infette e pure degli alberi situati nel raggio di 100 metri di distanza da quelli contagiati. Misure da attuare non solo nella zona infetta, ma anche in una zona ‘cuscinetto’.
24 agricoltori di Oria e Torchiarolo, in provincia di Brindisi, presentarono ricorsi al Tar Lazio per bloccare le ruspe sui propri uliveti. I giudici amministrativi avevano congelato la misura e, nel gennaio 2016, avevano deciso di sospendere il giudizio, sollevando sei questioni pregiudiziali dinanzi alla Corte di Giustizia.
Nel 2016 la Corte di Giustizia Ue aveva dichiarato la legalità delle misure ritenendo che la misura fosse proporzionata all'obiettivo di protezione fitosanitaria nell'Unione e giustificata dal principio di precauzione, tenuto conto delle prove scientifiche di cui la Commissione disponeva al momento della sua adozione.
Nel maggio 2018, l’Italia era poi stata deferita per la diffusione del batterio alla stessa Corte lussemburghese. Per i Commissari UE: “La lotta al batterio è stata un fallimento. Abbattete gli alberi malati.”
Per l'Ue la situazione era allarmante: quasi tremila ulivi furono trovati positivi al batterio in un’area dove nel 2015 la Xylella aveva aggredito solo pochi esemplari.
La sentenza del 5 settembre 2019 comporta solo il pagamento delle spese processuali e non il pagamento di una pena per il governo.
La Xylella e la produzione di Olio nel Salento
Il batterio xylella fastidiosa è un patogeno da quarantena che può colonizzare oltre 500 specie di piante diverse. È nota per i danni da centinaia di milioni che provoca ogni anno nei vigneti della California e negli agrumeti del Sud America.
In Salento è stato segnalato il primo focolaio nel 2013 e da allora ha provocato l'essiccamento rapido degli ulivi.
Secondo una stima della Coldiretti di Lecce la produzione di olio nel Salento è crollata del 73%, con un danno di 1,2 miliardi di euro. Riscontrata per la prima volta nel 2013 in un’azienda di Gallipoli, la malattia si è rapidamente diffusa. In totale la Xylella ha provocato la morte di 21 milioni di piante.
Il piano di emergenza messo a punto dal commissario per l’emergenza Giuseppe Silletti non era stato attuato ed era stato oggetto anche di un’inchiesta da parte della procura di Lecce che riteneva eccessiva la strategia di abbattimento delle piante malate e di quelle sane nelle vicinanze.
Si sospettava addirittura che la «peste degli ulivi» fosse stata diffusa volutamente ( le accuse a carico di Silletti sono state archiviate dopo 4 anni).
La diffusione della Xylella in Europa
Dopo il Salento, nuovi focolai di diverse sottospecie del batterio sono stati scoperti in Francia (Corsica e Costa Azzurra), Spagna (Baleari, Valencia e Madrid), Toscana (Monte Argentario), Portogallo (Porto).
Nel maggio 2019 l'Italia ha adottato un decreto per accelerare l'applicazione delle misure di quarantena e sostenere il settore oleicolo della Puglia con un piano da 150 milioni di euro per il 2020 e 2021.