Press ESC to close

Non tutti lo sanno, ma un tempo il Piemonte era terra di olivi

Fino all’Ottocento, l’olio extravergine di oliva piemontese era una realtà consolidata, tanto che la coltivazione dell’olivo superava per importanza persino quella della vite.
Oggi, dopo secoli di oblio, questa tradizione sta rinascendo, grazie alla passione e alla determinazione di olivicoltori, frantoiani e produttori locali che credono nelle potenzialità di un prodotto unico.

I numeri parlano chiaro: 350 ettari coltivati a olivo, circa 300.000 piante, distribuite nei pendii più esposti al sole del Torinese, Monferrato, Saluzzese, Pinerolese e Langhe. Una produzione ancora di nicchia, ma in crescita costante, arrivando a oltre 100 tonnellate di olive molite e circa 15 tonnellate di olio prodotto.

Questa rinascita ha portato alla fondazione, nel 2007, del Consorzio per la tutela dell’olio extravergine di oliva Piemonte, impegnato nell’ottenimento dell’Indicazione Geografica Protetta (IGP), a garanzia della qualità e dell’identità del prodotto. Le varietà più diffuse sono Leccino, Frantoio e Pendolino, che danno vita a un olio leggero, a bassa acidità, franto nei tre impianti presenti in regione (Vialfrè e Settimo Vittone nel Torinese, Trino nel Vercellese) e venduto a prezzi che variano tra i 30 e i 100 euro al litro.

L’olivicoltura piemontese affonda le sue radici nel Medioevo, quando l’olio d’oliva era un bene prezioso non solo per l’alimentazione, ma anche per l’illuminazione. Tra il XII e il XIII secolo, gli oliveti punteggiavano il Canavese, il Biellese, il Torinese, le Langhe, il Monferrato, il Roero, la Val di Susa e il Novarese, tanto che erano previsti incentivi per chi piantava e coltivava ulivi.

Documenti del XIV e XV secolo testimoniano la presenza diffusa dell’olivo: nel 1369 a Torino si imponeva ai proprietari di vigneti di piantare anche olivi e mandorli, mentre nel Catasto di Chivasso si regolavano le distanze tra le proprietà, citando proprio l’olivo tra le coltivazioni principali.
Si trovano tracce della sua presenza anche a Chieri, Moncalieri, Rivoli, Pinerolo, Saluzzo, Albese e nel Monferrato, fino ad arrivare ai laghi piemontesi, come il Lago Maggiore, il Lago d’Orta e il Lago di Viverone, dove esistono testimonianze che risalgono addirittura all’anno 885.

Purtroppo, il rigido clima del Settecento e le forti gelate tra la fine del secolo e l’inizio dell’Ottocento portarono all’abbandono dell’olivicoltura in favore della vite, meglio adattabile al territorio. Fu solo negli anni ‘90 del Novecento che gli ulivi tornarono a popolare il Piemonte, segnando l’inizio di una nuova stagione per l’oro verde piemontese.

Oggi, grazie alla dedizione di chi ha scelto di riportare in vita questa antica tradizione, il Piemonte può vantare un olio extravergine di oliva che racconta la storia, il territorio e il saper fare di una regione che non smette mai di sorprendere.